Il nostro viaggio musicale era approdato alla conferma definitiva con Reset. La mossa successiva fu Radio Zombie, un disco criptico, meno segnato dal contatto con l’esterno: lì tutta la nostra classica solarità si era trasformata in un’energia compressa (Verso Sud – Alla Ricerca Del Battito Perfetto)
Voodoo music from the stars, voodoo music comes from Mars. Zombie, bambole, riti voodoo. Che i Negrita negli ultimi due anni avessero sentito nostalgia della magia popolare di New Orleans, decidendo di farvi ritorno? E che album si sarebbero dovuti aspettare i fan? Una replica ruffiana di Reset, un capitolo secondo?
Esistono album di svolta e album di transizione e una band, forse inconsciamente, sa riconoscerne la natura già prima che questi vengano alla luce. Arrivare da un disco di enorme successo implica sentimenti contrastanti: da un lato il desiderio di non sentirsi parte integrante di un sistema interessato solo al guadagno, alla posa, alla forma, bilanciato però dalla comprensibilissima voglia di confermarsi, di non perdere un treno, di non deludere nessuno. Con il rischio di deludere tutti, in primis se stessi. Se è vero che da momenti di forte crisi interiore, spesso, vengano fuori le cose migliori, è altrettanto palese che un’opera, di qualunque tipo, sia in grado di mettere in luce molto più di quello che il suo autore immaginava nel momento in cui la stava plasmando. Dalle immagini esce l’anima, sostiene qualcuno e, se così fosse, dalla copertina di Radio Zombie usciva smarrimento, difficoltà di comunicazione, atterrimento. Disillusione. L’impennata di popolarità aveva le sue colpe, certo, ma erano gli uomini ad essere in crisi, più che la loro musica. Scegliere tra cose che hai creato è un po’ come fare una scelta tra i propri figli. Impossibile, dunque. Tuttavia, non esiste album in grado di dividere maggiormente pubblico, critica e membri della band come il primo nato nel nuovo millennio. Perché quel pugno di canzoni andavano oltre la manciata di accordi di cui erano composte, ti scavavano dentro, costringendoti a fare i conti con la tua parte blu, quella che spesso cerchiamo di rimuovere. Forse, con la lucidità che li aveva sempre contraddistinti, i Negrita avevano già capito che da quei telefoni, che non erano ancora diventati smartphone ma che avevano già dato il via ad un’involuzione sociale e culturale senza precedenti, da quell’incapacità sempre più evidente di comunicazione che ti portava a chiedere il sale al tuo vicino con un sms, non si sarebbe più tornati indietro. Quindi decisero di anticipare tutto, per soffrire meno, cercando di captare quei pochi segnali di vita da sotto la superficie terrestre.
Pur essendo stato partorito con fatica, in qualche modo Radio Zombie non aveva mai visto la luce, era rimasto sotterraneo come chi l’aveva generato, che non si sentiva parte di quel mondo.
Tornarono in superficie per il tour e fu come svegliarsi da un incantesimo. Ripresero a viaggiare, qualcuno non ripartì. Col tempo, la vita sarebbe tornata ad essere un gioco, ora era tutto maledettamente serio, troppo per non aprire ad una svolta radicale. La più importante di tutte.